Un innalzamento dell'età pensionabile delle donne nel pubblico impiego. E una mini-stretta previdenziale per tutti i lavoratori del settore privato e statale a partire dal 2015 con un rinvio di almeno tre mesi delle uscite di vecchiaia di anzianità. La fisionomia non è quella di una vera e propria riforma, ma ha sicuramente i connotati dell'intervento strutturale l'emendamento sulle pensioni presentato dal Governo al decreto anti-crisi sulla manovra estiva.
L'operazione pensioni rosa nella pubblica amministrazione era di fatto obbligata per effetto della recente sentenza della Corte di giustizia Ue che obbligava il nostro Paese a equiparare le soglie di uscita di uomini e donne. Un risultato che sarà raggiunto nel 2018 con l'innalzamento di un anno ogni 24 mesi del requisito anagrafico delle "statali" a partire del 2010 quando la nuova soglia, attualmente a 60 anni, sarà fissata a 61 anni.
La mini-stretta su tutti i lavoratori, legata alla loro aspettativa di vita, è stata invece decisa dal governo per garantire maggiore sostenibilità al sistema previdenziale nel medio-lungo periodo. Si parte con un rinvio di almeno tre mesi del pensionamento, agendo sulle finestre d'uscita: ogni quinquennio si deciderà se accentuare o ammorbidire l'intervento.